martedì 23 agosto 2016

Il mito dell’istinto materno e il suo rapporto con il controllo sociale delle donne.

Stefanía Molina







Lo scopo di questo lavoro è di rispondere alla seguente domanda: come interviene il mito dell’istinto materno nel controllo sociale delle donne?  Su questa domanda cercheranno di rispondere diversi autori /autrici che si confronteranno da differenti opinioni e prospettive.
Il pensiero occidentale ha costruito determinati fenomeni sociali come essenze, questo ostacola la possibilità di mettere in discussione le pratiche e i criteri riguardo al genere, alle identità, alle sessualità, etc. La concezione di essenza in una certa misura, rassicura, produce la fantasia di un'esistenza per/alla costruzione dei ruoli e delle parti che i soggetti [1] abitano.
In questo senso, il mito dell'istinto materno consegue (e si inserisce) nelle problematiche attuali come l’aborto, la scelta della non maternità, la maternità sovversiva [2], etc. Se naturalmente le donne nascono con questo istinto, sanno già quale sia il loro destino. Le donne che scelgono la maternità, immediatamente saranno sotto esame, il loro lavoro sarà controllato, e occorrerà essere una buona madre: un paradosso.
È interessante notare che la donna reale è direttamente associata con la maternità. L’espediente del mito si può vedere in quelle donne che decidono di interrompere la gravidanza, uccidono i figli appena nati, ecc. Tutte queste azioni appaiono, tipizzate come criminologiche o anti-giuridiche. Per questo legittimare la scelta della non-maternità è una sfida necessaria.
Il controllo sul corpo e la soggettività delle donne avvengono all'interno di un sistema patriarcale (termine re-significato da Kate Millet)[3].  Diverse istituzioni sociali e tecnologie di potere si incaricano di fabbricare corpi e menti disciplinate. La prima cosa che si associa al pensare in termini di esseri umani è la rappresentazione montata a categorie come donna/uomo. E’ ciò che chiamiamo umanità, facilmente riducibile a una logica binaria prevalente fin dai tempi antichi, che si può vedere riflessa nel discorso sociale che stabilisce l'idea delle buone madri, contrapposte alle cattive madri. Queste ultime, non conformi alle aspettative di genere, così come alla propria realtà.

La maternità come una costruzione culturale. Il genere.

La maternità, come la concepiamo nel XXI secolo, mantiene l'ordine sociale eterosessuale e legittima la “essenza” femminile, che completa le donne. E’ una costruzione culturale multi - determinata che si organizza mediante le regole. Queste si stabiliscono in base alle esigenze dei gruppi sociali e si inquadrano sotto un determinato periodo della sua storia.
Pierre Bourdieu (citato da Scott 2008) afferma che "la divisione del mondo" implica,“ le differenze biologiche e in particolare quelle che si riferiscono alla divisione del lavoro di procreazione e di riproduzione”, opera come “ quelle che sono meglio fondate sulle illusioni collettive”.
Queste storie stabiliscono un controllo differenziale sulle risorse materiali e simboliche, il genere è coinvolto nella progettazione e nella costruzione del potere "è il campo primario entro il quale o attraverso il quale il potere è articolato" (Scott, 2008, p. 68). E 'anche una categoria che media tra la differenza biologica e le relazioni sociali basate sulle differenze percepite tra i sessi.
Il genere come categoria di analisi permette di conoscere complessi processi sociali, spiegando come si strutturano e si esprimano le aree del femminile e del maschile e quali siano i simboli e le caratteristiche che li definiscono e rappresentano come costruzioni culturali opposte e simmetriche. (Quezada 1996, p.21)
Il genere come categoria analitica appare nell'agenda nel ventesimo secolo. Il femminismo che assume questa categoria è stato chiamato della " seconda ondata". E’ emerso negli anni settanta in America Latina, e negli anni sessanta in Europa occidentale e negli Stati Uniti. Nasce in un contesto di lotta politica e culturale a livello internazionale: ribellioni anticoloniali del Terzo Mondo, critica anti-psichiatria, rivolte studentesche, rivendicazioni in tema di etnia, etc.
Mojzuk (s.f) facendo esclusivo riferimento al femminismo e alla maternità, affermerà che:
Oggi, è difficile fare un bilancio preciso delle conseguenze delle rivolte femministe risalenti agli anni '60 e che seguono all’avanzata di Simone de Beauvoir in “Il secondo sesso”. Con Kate Millet, le teorie freudiane furono messe in discussione e le esperienze di vita delle donne smentirono ciò che la psicoanalisi promulgava come caratteristiche essenziali della personalità femminile: la passività, il masochismo, il narcisismo. Molte delle femministe di allora furono bollate come mere "rivendicatrici”, con il carattere deformato per la inadeguata socializzazione e con la loro vera natura femminile repressa (...) Né la abnegazione né il piacere, per il dolore potevano formare nel tempo la immagine della capacità materna (...) Una volta di più, si segnalavano le “ femministe rabbiose” o “virili represse” "(Badinter, 1981) incendiarie di questa digressione. (p.29)
Si fa riferimento alle opere teatrali scritte da Federico García Lorca: “La casa de Bernarda Alba” (1936) y “Yerma” (1934), come esempi che sebbene siano prodotti da un artista in particolare, riflettono le esperienze di diverse donne in relazione alla maternità. Il contesto in cui queste storie si svolgono, è la Spagna, in un momento in cui la società era violenta e il ruolo delle donne secondario. La protagonista della prima opera menzionata , Bernarda (che interpreta il personaggio di una vedova), è un esempio interessante per affrontare la questione della maternità, proprio perché sfida l'istinto materno, la tenerezza naturale delle madri che è apparentemente storica. Yerma da parte sua, è una donna che finisce per essere la nemica di se stessa : il sentimento che la invade è l’angoscia.  Il mandato sociale è che ogni donna sposata dovrebbe essere una madre. Col passare del tempo si sentirà "cattiva" per non raggiungere il suo destino naturale, si sente “secca” ", una parola che allude alla sterilità.
Le donne oggi devono esortarsi a generare autonomia, capire l'importanza delle loro scelte e che sono piacevoli. A questo proposito, le due donne presenti nelle opere di Lorca, sono infestati dai fantasmi della maternità (…) Non si tratta sulle buone o cattive madri ma della mancanza di decisione di queste donne sulle loro vite.

Sviluppo della storia delle donne e della maternità.
Come è noto, la storia rappresenta una visione e il pensiero di coloro che l’hanno scritto , i maschi della classe media che appartengono a popoli dominanti eretti sul modello androcentrico, referente degli spazi pubblici, mentre le donne quelli privati,fermate al margine di tutto il “testo”.
Escluse, messe a tacere, invisibili, le donne sono state ignorate nel settore domestico e privato; anche in campo economico, sociale, politico e culturale. La maggior parte delle volte, immaginate, descritte o raccontate in modo parziale e in generale attraverso un intermediario perché il registro diretto ero subordinato al loro accesso alla scrittura. (Guardia 2005, p.13).
Il ventesimo secolo passa attraverso diversi scenari. I cambiamenti prodotti a livello demografico promuovono l'emergere di politiche nataliste, la maternità è vista come un obbligo, un dovere biologico, le donne sono invitate a partorire e si creano misure repressive che condannano l'aborto e la contraccezione. In relazione agli ultimi decenni del XX secolo, Lagarde (2013) dirà che:
Le trasformazioni del XX secolo rinforzarono per milioni di donne in tutto il mondo, un sincretismo di genere : prendersi cura degli altri in modo tradizionale e, allo stesso tempo, raggiungere il loro sviluppo individuale per unirsi al mondo moderno, attraverso il successo e la concorrenza.
 Il risultato sono milioni di donne tradizionali-moderne. Donne intrappolate in un rapporto impari tra la cura e lo sviluppo. (p. 2).
Il modello (sistema) sesso/genere (concetto coniato da Gayle Rubin) si è incaricato di produrre corpi e soggetti i cui destini parrebbero, essere definiti ontologicamente secondo la etnia, la età, il sesso, la classe sociale, etc. Chiaramente sono state disegnate le categorie sociali per ottenere sottilmente il controllo dei corpi (e le menti). Non si può non tenere in conto la violenza storica e politica con cui si è esercitato il potere, sempre da una logica androcentrica .
Lagarde (2013) in questo senso, dirà che : "Curare è attualmente il verbo più necessario di fronte al neo-liberismo patriarcale e alla globalizzazione iniqua.
” (p.2).
La cultura patriarcale che costruisce il sincretismo di genere fomenta nelle donne la soddisfazione del dovere di curare trasformato nel dover essere a-storico naturale delle donne e, pertanto, proprio desiderio e, allo stesso tempo, la necessità sociale ed economica di partecipare in processi educativi, lavorativi e politici, per sopravvivere nelle società a capitalismo selvaggio. (Lagarde, 2013, p.2)

Le madri responsabili del futuro dell'umanità
Il sistema sesso/genere ha designato le donne al campo della riproduzione biologica. Lo schema sociale e culturale dà alle donne – madri , grandi responsabilità. Il dispositivo [4] che controlla socialmente le madri è lo stesso che vigila l’umanità nel suo insieme. Per controllo sociale si intende:
La capacità del gruppo sociale di ottenere che i propri membri seguano determinati comportamenti e per sanzionare i comportamenti proibiti. Il controllo sociale è l’espressione più diretta del potere del gruppo sui propri membri. Potere e controllo sociale sono termini che si complimentano, perché chi ha il potere sociale, esercita il controllo e viceversa, chi esercita il controllo è colui che ha il potere.  (Robles 1997, p.165)
Il controllo sociale agisce come correttore delle deviazioni che si verificano e come giocatore dello status quo. A questo proposito, Silvana Darré (2013) affermerà che:
Costantemente si rafforza l’idea che la madre è l’unica responsabile delle qualità della sua prole e, per estensione, anche responsabile del futuro della umanità (sia dalla idea della nazione, del futuro della razza, dal canone della salute fisica e mentale, della felicità delle nuove generazioni o dell’ordine sociale in generale). " (P.13)
L'essere umano alla nascita ha bisogno di un altro che lo accudisca, che lo protegga. E’ evidente che un neonato non può crescere né svilupparsi da solo, in principio è assolutamente dipendente. Le madri sono socialmente designate per adempiere a queste funzioni di cura, stabilendo con esse (dall'inizio) una dose importante di colpa: sono responsabili di un individuo piccolo e vulnerabile e questo può generare una carica eccezionale per queste donne. Lagarde (2013) afferma che:
La formula alienante associa alle donne curatrici un’altra chiave politica: la disattenzione per raggiungere la cura.  Cioè, l'uso del tempo principale delle donne, le loro migliori energie vitali siano emotive, erotiche,intellettuali o spirituali e gli investimenti delle loro attività e risorse, i cui destinatari principali sono gli altri. Ecco perché le donne sviluppano una soggettività attenta ai bisogni degli altri, da qui la famosa solidarietà femminile e la abnegazione delle donne.
(p. 2)
Lo ideale del perfetto allevamento, che le tecnologie mediche vendono, così come le riviste, i media e la società nel suo complesso, rendono il problema ancora più colpevolizzante per le donne-madri. Raggiungere questo ideale è praticamente impossibile, per il semplice fatto che trattiamo di esseri umani. Pertanto, le madri si scontrano con una serie di frustrazioni che devono passare per appropriarsi del loro ruolo materno e vedersi come esseri che possono sbagliare, anche se implica una elaborazione del lutto (reazioni affettive di fronte a una perdita) per un ideale.
Dai discorsi popolari e medico-scientifici si trasmettono alle donne- madri determinate prescrizioni, anche prima della nascita dei loro figli. Si prescrive alle madri di stare attente e al servizio del neonato per tutte le 24 ore il giorno (almeno per i primi tre mesi di vita), si inculca l’esclusivo allattamento fino ai sei mesi, come minimo (OMS raccomanda l'allattamento al seno fino a due anni), e in riferimento a questo, "Knibielhler (1993) sostiene che le società occidentali non hanno avuto una risposta chiara circa la natura della madre che allatta; se si tratta di una femmina (appello all'istinto) o di una madre (cultura / affetto) "(Darre 2013, p.80).
Attualmente, tutti i sintomi, risultati e successi che i bambini presentano in vari campi, sono analizzati in relazione al legame con la madre. Tutto questo dà il segnale che le madri appaiono le uniche responsabili del loro futuro e, quindi, del futuro di tutta la umanità. Possono fallire il resto dei collegamenti del piccolo individui ma se c'è una madre "competente", è sufficiente. Come accennato in precedenza, i neonati e i bambini devono essere curati per sopravvivere e stabilire una vita sana, il problema sta nel fatto che siano esclusivamente le madri, le affidatarie di tanto rilevante lavoro, di formazione dei cittadini.


La madre onnipotente

“ Di mamma ce n’è una sola”, “ La mia vecchia è la più grande che ci sia al mondo”, “Io per mia madre darei la vita”, “Mia madre ha lasciato tutto per me”, “Mia madre è un esempio di donna che si è sempre sacrificata per tutti”, “Ho la miglior mamma del mondo”, " Di là dalle nostre differenze, lei è mia madre "-" Una madre vuole sempre il meglio per i suoi figli ", “L’amore di una madre è l’unico davvero incondizionato”, “ A me solo mia madre mi comanda”, “ Mia madre mi ha rovinato la vita”.
Queste frasi sono rappresentative del nostro immaginario sociale e mostrano il luogo di onnipotenza nel quale sono confinate le madri. Si potrebbe pensare e convalidare da qui, la seguente logica di pensiero: a maggior potere maggiore vulnerabilità.
La figura della donna-madre è quasi come qualsiasi farmaco: cura e veleno allo stesso tempo. Cura se la dose è sopportabile, è veleno se supera i limiti di tollerabilità …(Muñoz, 2009, p.7)
Diversi discorsi istituzionali sono responsabili di mantenere viva la nozione della madre onnipotente: la psicoanalisi è una di questi. In alcune delle sue teorie, in particolare nella più ortodossa, ha una marcata tendenza a incolpare le madri della salute, malattia, felicità e infelicità dei suoi figli.
Parafrasando Maud Mannoni, la istituzione psicoanalitica ha prodotto con il significante maternità lo stesso effetto della istituzione psichiatrica con la diagnosi : un abuso di potere basato sulla perversione della conoscenza il cui impatto non si è fermato soltanto nel pensiero degli psicoanalisti ma si è tradotto nei modi del trattamento della soggettività e istruzione delle donne in tante possibili madri . (Muñoz, 2009, p.3)

Discorsi sulla buona e sulla cattiva madre.

Come si può dimostrare, la nostra cultura è attraversata da un pensiero binario che divide,scinde, discrimina e assegna differenti giudizi di valori alle polarità che fabbrica. Così come afferma Héritier (1996): "Dobbiamo considerare le opposizioni binarie come segni culturali e non come portatori di un senso universale. Il significato sta nella esistenza stessa di queste opposizioni, e non il suo contenuto; tale è il linguaggio sociale e del potere "(p.221). L'armatura simbolica del pensiero filosofico e medico greco, che secoli dopo è ancora viva, si può visualizzare con gli esempi di Aristotele, Anassimandro e Ippocrate.
Le voci del sapere hanno perpetuato il ruolo delle donne, attraverso una logica binaria ed escludente. Non basta mettere bambini al mondo, bisogna sapere come fare, essere cioè, una buona madre. Il discorso delle madri negligente, quelle ad esempio, che trascurano i loro figli, li rifiutano, li abbandonano , denota la custodia su tale lavoro. Come si può vedere,mantenere fedeli le guardiane della infanzia non è una cosa semplice, soprattutto perché coinvolge il controllo delle donne come madri. Come esprime Teresa de Lauretis (2000) poiché il genere appare come onnipresente e l’analisi che questo promuove, non è più possibile tornare all'innocenza della biologia o della natura.
Per pensare il valore dato al corpo femminile, si propone di fare riferimento a un dibattito in corso in queste latitudini: la depenalizzazione dell'aborto (in Uruguay l'aborto è stato depenalizzato prima delle dodici settimane di gestazione). E’ prevedibile che in questi assunti filtrino dogma religiosi, le teorie biologiciste (scientifica - egemonica) , etc. Così come dirà Wittig (1978): "Non vi è nulla di astratto nel potere che hanno le scienze e le teorie, il potere di agire in modo materiale e concreto sui  i nostri corpi e le menti, anche se il discorso che le produce sia astratto ” (p.1). Il corpo gestante è della donna e questa è la sua proprietà, quindi deve essere chi ha l'ultima parola (e la prima).

La legittimità della scelta di non essere madre.
Diverse storie sono associate alla maternità, per essere donna. Il corpo chiamato femminile ha significato storicamente un utero da fecondare. Un corpo e una soggettività al servizio dell’altro. E 'noto che molte donne oggi non vogliono avere figli. La maternità non è concepita da loro come un piano di vitale importanza. Si tratta di una questione complessa, le donne stesse generalmente ritengono che uno dei suoi obblighi primari è quello di essere madri.
Inoltre, la maternità obbligatoria produce estrema vulnerabilità nelle donne in relazione ai successi personali,come soggetti desideranti e in grado di produrre (di là di riprodur - si) in ambiti lavorativi, educativi, etc.
Parlare della maternità volontaria è mettere in discussione tutti gli essenzialismi di genere costruiti dalle società patriarcali, che attribuiscono, in particolare, alle donne una capacità “innata” per impegnarsi nella cura degli altri, trascurando la cura per se stesse. Al contrario, ora sappiamo che il desiderio è un costrutto socio-culturale mediato dalla cultura, che agisce in modo specifico sui singoli individui e collettivi umani; vale a dire che, mentre migliaia di uomini disprezzano la funzione nutritizia che comporta la paternità, migliaia di donne sono costretti a sopportare una responsabilità sproporzionata nella cura per le creature che impedisce loro il riconoscimento e l'emergere di altre identità distinte dall’essere madri (Programa Feminista La Corriente, 2011, p.60).
La maternità sovversiva nell’occhio del ciclone
Per maternità  sovversiva(ve) si intende la maternità single per scelta e le maternità lesbiche: maternità che si discostano dai rapporti di dipendenza con gli uomini.
Il conflitto che immediatamente si genera sia nelle maternità lesbiche sia nelle maternità da sole per scelta,è che non sia coinvolto un uomo nella composizione famigliare e si stabilisce da qui, anche una doppia morale, da un lato gli uomini sono essenziali nelle famiglie e, dall’altro,sono giustificati se si distaccano dalla cura dei propri figli.
Se il lesbismo stesso si mostra in varie occasioni invisibile, più complesso è pensare alle maternità lesbiche. Attualmente ci sono diversi metodi di riproduzione assistita, che vengono utilizzati come risorse per procreare. Chiaramente, questi sono "sotto il fuoco", perché interpellano in una certa misura l'ordine della natura, del biologicamente atteso. Dipenderà da chi lo utilizza e con quali bisogni. E 'giustificabile che lo faccia una coppia eterosessuale quando non è possibile la gestazione per diversi motivi; ma se coloro che le usano sono coppie lesbiche sarà differente, così come lo sarebbe se lo facessero le donne che scelgano di sperimentare una maternità in solitudine.
Conclusioni
Il mito dell'istinto materno interviene in modo significativo nel controllo sociale delle donne, producendo soggettività. Le rappresentazioni sociali sulla maternità sono attraversate da istituzioni diverse, come lo Stato, la Chiesa, gli operatori sanitari, gli agenti giuridici.
Mentre questo mito si mantiene vivo, rimane intatta la subordinazione delle donne, negando così loro un'identità al di fuori del ruolo materno. Questo mito impone che ogni donna debba, ha bisogno e desidera essere madre. La maternità mantiene l'ordine sociale – eterosessuale e legittima l’essenza femminile, che completa le donne. La maternità oggi, per molte donne, sembra essere sopra di tutto. In molti casi, ancora associata alla completezza, alla realizzazione personale. Molte donne vedono in un bambino la possibilità di colmare il vuoto, di soddisfare la insoddisfazione. L’ideale del figlio come sinonimo di completezza. Un figlio come il passaporto per  il titolo di brava donna, completa, integrale. E feconda.  (Winocur, 2012, p.49).
I fenomeni della esperienza umana possono comprendersi come socio-storici e culturali, a seconda delle impostazioni e contesti. Sorge così un complesso dilemma perché, abbracciando gli affetti come elementi costitutivi della esperienza, si produce la impossibilità di mettere in discussione ciò che è già stabilito, generando la illusione di un ordine naturale. Non si desidera né si ama in modo indiscriminato. I sentimenti umani sono condizionati dalla cultura :gli individui  sono permeati dal pensiero dominante, e spesso questo è invisibile. I sentimenti vissuti dai soggetti sono intesi come a-storici, a-sociali ed esclusivamente individuale. La maternità, in questo senso, è concepita separatamente dal contesto socio-storico-culturale.
Si pensa che l'amore materno (come fatto istintivo), si manifesti in tutte le donne sin dalla infanzia. Le bambine giocano a essere madri, impiantano atteggiamenti di cura,etc. Per citare un esempio, Suzie, uno dei principali personaggi del cartone animato popolarmente conosciuta "Mafalda" (del disegnatore Quino) viene mostrata come una ragazza che fin da bambina riproduce lo stereotipo della donna tradizionale, desidera sposarsi con un borghese, impegnarsi in faccende domestiche e avere molti figli: uno dei suoi preferiti passatempi è giocare a fare la mamma con Mafalda.
Le donne – madri parrebbero essere le uniche responsabili della umanità, stabilendosi da qui, il nuovo controllo sulle donne. Da loro dipende la felicità – infelicità dei suoi figli,così come la loro salute – malattia, perciò è necessario essere una buona madre, affinché l’ingranaggio della macchina sociale continui a funzionare. Per il sistema patriarcale è redditizio individuare (e produrre) un colpevole, che sia  paradossalmente – allo stesso tempo una vittima. Questo è il posto che in modo inconvertibile è assegnato alle donne. Le donne che non soddisfano una maternità "ottimale" saranno condannati per non essere riuscite a compiere la loro essenziale missione. Non è un dettaglio minore che la formazione di cittadini restano esclusivamente nelle mani delle donne, mentre dovrebbe essere la società nel suo insieme a partecipare ai processi di costruzione della cittadinanza.
Il femminismo ha contribuito notevolmente nella decostruzione del concetto che circola a livello patriarcale della maternità, anche se non è possibile singolarizzare questo movimento (poiché le visioni sulla maternità sono diverse) e sono da sottolineare i suoi notevoli contributi.
Da un lato, quelle posizioni femministe che disarticolano il concetto della brava madre mettendo in discussione l’istinto materno e la maternità come il principale asse della identità femminile. Tuttavia, alcune femministe ricostruiscono il concetto della maternità come una qualità tipica delle donne e un potenziale del femminile.  Tubert (citata da González de Chaves, 1993) afferma che:

 "la teoria femminista, rivelando il carattere costruito della maternità, mostra che l'immaginario sociale sulla stessa è configurato con varie rappresentazioni che identificano la maternità con la femminilità fornendo un ideale comune per tutte le donne "(s.p)
Un altro aspetto è la difficoltà devono affrontare le donne al momento della decisione di abortire o no, che denota l'installazione esistente del mito dell'istinto materno nelle loro soggettività e il controllo sociale che questo comporta. Una delle principali sfide affrontate dalle donne è di prendere decisioni sui loro corpi e le loro vite, slegandosi dal presunto destino biologico.
Far sì che la maternità significhi un possibile divenire per le donne e non un punto di partenza per essere completamente donna è un progetto di emancipazione. Ciò richiede superare la paura di uguaglianza che paralizza molte donne, assumere la nostra parte di male che apre le porte al potere reale  e sbarazzarsi della mistica del potere materno. " (Mojzuk, s.f, p.6).
D’altra parte, è l'eterosessualità che garantisce la riproduzione umana, mentre il mito dell'istinto materno condanna le donne a essere intrappolati in una delle loro principali prigioni. A questo proposito,le maternità lesbiche o la maternità single per scelta, possono presentarsi  come linee interessanti di analisi, poiché la loro indipendenza dagli uomini sembrano produrre madri "artificiali". È vero che la donna reale è associata con la madre, ma la vera madre è legata indissolubilmente all'eterosessualità, alla dipendenza con un uomo; un altro fondamento che dà il modello che la nozione di istinto materno possiede troppo prescrizioni per essere davvero naturale, accrescendo così i sospetti. Ed è in questo senso che tali maternità sono accusate di essere sovversive.
“ Si è costruita una ideologia della maternità che si compone di un insieme di strategie e pratiche discorsive che, nel definire la femminilità, la costruiscono e la limitano , in modo che la donna scompare dopo la sua funzione materna che viene impostata come ideale ". Garay



traduzione di Lia Di Peri



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