domenica 22 giugno 2014

Prostituzione. L’istituzione più antica del Patriarcato.

La prima edizione del Dizionario Ideologico Femminista di Victoria Sau risale al 1981. Tuttavia, ancora oggi, è la definizione più completa della prostituzione.


Victoria Sau: Diccionario ideológico feminista (1981), (2000) Barcelona, Ed. Icaria









Prostituzione. Istituzione maschile patriarcale secondo la quale un numero imprecisato di donne, non arrivano mai a essere distribuite a gruppi specifici di uomini dal collettivo maschile, al fine di non essere in balia di uno soltanto, ma di tutti quelli che vogliono accedere a esse, la quale è di solito mediata da una semplice compensazione economica. Una volta resa possibile e creata l’istituzione per gli uomini, l’evoluzione della stessa e le sue forme sono molteplici. Le prostitute sono a volte chiamate “ donne libere”, nel senso che non hanno un padrone unico (marito), ma viceversa sono esposte al trattamento autoritario e patriarcale di tutti o di alcuni uomini. Legalmente, come ogni donna non sposata, non può avere figli, ma, di fatto, è inevitabile che a volte li abbia, anche se, senza nessun riconoscimento sociale (*).
Storicamente, pare che fu Giustiniano a dare per primo la definizione di prostituzione, che può essere ancora valida oggi, secondo il corrente dizionario maschile: “ Donne che si danno agli uomini per denaro e non per piacere” (Dallayrac: Dossier prostituzione).
La maggior parte degli studiosi sul tema della prostituzione tende a cadere nei seguenti errori:

     Dicono che la prostituzione sia stata istituita dalle donne stesse.
-      -  Considerano le origini della prostituzione – sacra prostituzione – come non prostituzione, ma          come elevazione al rango di sacerdotesse dell’amore.
-      -  Pensano che la prostituzione fosse ignominiosa solo dalla sua regolamentazione nella Grecia         del V secolo.

Questi autori non chiariscono, perché essi stessi non riescono a “spiegarselo”, l’inarrestabile declino nel tempo dalla condizione di sacerdotessa a quella più volgare di meretrice.
La sacra prostituzione consisteva nell’obbligo di consegnarsi a qualsiasi straniero, che la richiedesse dalla balconata e la scegliesse lanciandole una moneta. L'atto sessuale si svolgeva all'interno del tempio e il denaro era per il culto della dea o un dio. La prostituzione sacra fiorì in Babilonia circa 2000 anni prima della nostra era, ma si diffuse tra le altre nazioni, in Egitto, Fenicia e Grecia. In India esiste ancora oggi.

Occorre in primo luogo, porre in discussione lo status di sacerdotessa che, se vista oggi, appare di maggior grado della prostituta attuale, ma era, in realtà, una condizione che esprimeva tutta la decadenza della donna. In un mondo già patriarcale le dee della fertilità erano “determinate” per la stessa e anche circondate da templi di divinità di chiara preminenza maschile, serviti anche da donne. L’impossibilità per la prostituta di rifiutarsi a un uomo indica come fosse coartata la sua libertà di scelta. In più, le sacerdotesse arrivarono a scomparire dai templi, compresi quelli dedicati alle dee femminili che furono sostituite da uomini. La legge volle allora che fossero le donne in età da marito, quelle che prima di contrarre matrimonio, si prostituissero un giorno sui gradini del tempio, come necessaria condizione per essere di un solo uomo e così potersi legittimamente negare agli altri. Ci sono autori che vedono in questo, un rito di fertilità, poiché sia Ischtar come Milita e Afrodite del periodo greco classico sono divinità che proteggono il travaglio. Alcuni vi vedono un rito di deflorazione a carico di un uomo che non è il marito dovuto alla mitica paura di quell’atto. L’”ospitalità sessuale” inoltre, che è ancora praticata in molti luoghi in tutto il mondo, anche tra i Lapponi, potrebbe essere la base dell’obbligo di consegnarsi a un “estraneo” e risponderebbe al diritto conservato nel contratto sociale maschile, secondo il quale ogni uomo può avere accesso alla donna in un determinato momento (che sarebbe giustificato da motivi di spostamento), nonostante i limiti, la privatizzazione delle donne che il gruppo maschile autentica col nome di matrimonio. Georges Devereux, etnologo e psicanalista, rileva tuttavia, una differenza importante tra le prostitute sacre che lavorano nel tempio di una dea ("donne sante") e quelle che lo fanno nel tempio di un dio (deva dasi). Temporaneamente o permanentemente, le prime servono una dea vergine, che ha numerosi amanti, che incarna nei suoi rapporti sessuali con uomini reali. L’uomo è in una posizione d’inferiorità rispetto alla dea e alla sua rappresentante umana. Il pericolo, afferma Devereux, è nei "capricci crudeli della dea", i cui giovani amanti morivano sempre presto e spesso tragicamente.
Quest’autore trova delle somiglianze tra le prostitute prestigiose della società pre-ellenica e le “ sante donne” del Medio Oriente, tra cui Corinto nella Grecia continentale. Le prime erano agli occhi dei greci delle “selvagge”, non inserite nel nuovo ordine, che dovevano essere domate e quest’addomesticamento era precisamente la deflorazione. Inoltre, per approfondire la struttura psicologica della prostituzione sacra (rituale) in Medio Oriente Devereux ci porta al conflitto che deriva dall’atto della deflorazione di una vergine, come già osservato in precedenza. Ciò che è sicuro è che l’appellativo di vergine, non comprendeva la verginità anatomica di una Grande Dea (single) che arriverà dopo. Vergine era dunque pari a libera, non sottomessa al matrimonio, a prescindere dagli amanti che la dea aveva avuto. La prostituzione andrà degenerando dentro la stessa istituzione maschile con la conseguente perdita di prestigio della prostituta. “ E’ possibile che il nuovo sistema patriarcale non abbia potuto tollerare né la donna single, libera rispetto al suo corpo e, giocando un ruolo importante, sia nel culto delle dee vergini (e della fertilità), come nell’ambito del rituale agrario, la sradicherà totalmente dalla pietà degli agricoltori conquistati. Il compromesso sembra essere stato una consacrazione completa - e quindi strettamente limitata della promiscuità arcaica, da cui derivò la “santa donna”, sacerdotessa di dee vergini dei popoli conquistati ai margini della società secolare che fece del matrimonio una struttura sociale fondamentale (Femme et mythe).

Che la prostituzione non sia un’istituzione femminile, bensì maschile lo dimostra il fatto stesso che in Grecia si reclutavano le schiave importate a questo scopo, che avevano bordello in una cella dove esercitavano il  loro forzato lavoro . Dallayrac afferma che a causa di ciò esse avrebbero goduto di una maggiore considerazione di una semplice schiava domestica, ma il Dizionario Enciclopedico Ispano chiarisce che: “ In ogni cella del bordello viveva la prostituta schiava acquistata da Leno e sfruttata fino a quando, inservibile, era nuovamente rivenduta”.

A Roma, le prostitute erano reclutate tra la popolazione carceraria femminile, così da non comportare spese di gestione. Senza, comunque, dimenticare che il pater familias aveva il potere di vendere o affittare la moglie e le figlie alla prostituzione. Le prostitute non schiave potevano arrivare, tuttavia, a grandi estremi di povertà come indicato dalla più bassa delle tariffe applicate, soprattutto dalle più insignificanti che esercitavano vicino ai cimiteri. Erano private di quasi tutti i diritti ed erano costrette a indossare la toga infamante che, in altre epoche, fu sostituita dall’obbligo di tingersi i capelli con lo zafferano o altri segni infamanti. Nei templi dell’India, almeno fino al 1926, le bambine andavano a servizio da un sacerdote per apprendere più tardi all’età di 5 anni, la “professione”.

Nel cristianesimo, la posizione della Chiesa è di obbrobrio per le prostitute, ma di tolleranza se non di riconoscimento della prostituzione. Padri della Chiesa come Sant'Agostino e San Tommaso la considerano necessaria, in quanto grazie a essa si potrà conservare l’onestà delle donne sposate e la verginità delle nubili. Questa doppia morale che impregna tutta la fase feudale è mantenuta dalla borghesia e dal capitalismo quando arrivano al potere. Il pensiero socialista sarà il primo a interpretarla come l’inverso del matrimonio, poiché l’una e l’altro si spiegano a vicenda. Le condizioni sociali abiette proprie dell’era industriale, favoriscono l’aumento della prostituzione che si è evoluta dato che, non è necessario più puntare il dito o decretare per legge che le donne devono essere prostitute, come nell’antichità: basta che l’istituzione sia attiva e le condizioni sociali facciano da sé lo stesso, il che permette di mantenere la coscienza “ pulita”, perché sono le donne che, volontariamente, scelgono quest’opzione. Così afferma Tardieu nel Dizionario enciclopedico ispanico, sopra citato “"Dopo queste cause, così numerosi e così tristi, è un’idea confortante che la società non incoraggi nessuno a questo mondo di depravazione, le cadute sono, con qualche eccezione, volontarie”.
Nel Nuovo Mondo la prima casa femminile è stata aperta nel 1526 a Puerto Rico: “…. Per l’onestà della città e delle donne sposate di questa e per evitare altri danni e inconvenienti, sorge il bisogno che si apra in questa città, una casa di donne pubbliche (O'Sullivan, N.: Las mujeres de los conquis­tadores). Il testo parla da sé.
Adesso i metodi indiretti del patriarcato per indurre le donne alla prostituzione sia essa regolamentata o no, sono più sottili che mai, però possiamo indicarne i principali:

 - la commercializzazione del corpo della donna attraverso tutti i mezzi possibili da parte dei mass media, al servizio dell’industria capitalistica che trae profitto esentasse con la vendita di vari prodotti che contribuiscono a creare il contesto necessario per il rapporto cliente-prostituta
- la mancanza di una pari opportunità tra i sessi, che lascia le donne in una posizione debole e incerta e dipendenti dagli uomini
 - l’istituzione stessa che permette a qualunque donna, per il solo fatto di esserlo, in qualsiasi momento, di essere prostituita o di darsi alla prostituzione.
Quest’ultimo punto, il più importante, fa sì che il problema riguardi ugualmente tutte le donne.


Il mestiere più vecchio del mondo. Espressione machista e sessista con la quale si vuole far intendere che la prostituzione è stata, è e sarà, o - che è lo stesso – è innata alla condizione della donna, immodificabile.
Prostituzione maschile. Non è simmetrica in nessun caso a quella femminile, occorre studiarla nel contesto dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

* Diosa, Matrimonio, Sexualidad, Trata de blancas, Virgini­dad, Zorra.






BIBLIOGRAFIA. — Boix, F. y Fullat, O.: Breve estudio sobre la prostitu­ción. — Chacel, R.: Saturnal. — Choisy, M.: Psicoanálisis de la prostitución. — Dayllerac, D.: Dossier prostitution. — Gorbin, A.: Les filies de noce. — Her- vas, R.: Historia de la prostitución. — Jaget, C.: Una vida de puta. — Mayo, K.:Mother India. — Millet, K.: La prostitution. — Navarro Fdez., A., Dr.: La prostitución en la villa de Madrid. — Rodríguez Solís, E.: Historia de la prostitución en España y América. — Sacotte, M.: La Prostitución — Scanlon, G.: «La prostitución», cap. 2, 1.a parte de La polémica feminista en España. La Prostitución - See more at: http://www.feminicidio.net/documento/la-instituci%C3%B3n-masculina-patriarcal-m%C3%A1s-antigua#sthash.aCzXllyl.dpuf




(traduz.di Lia Di Peri)






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