giovedì 28 giugno 2012

La Paternità, dal dominio alla cura

Uno degli scopi di questo lavoro è presentare la ricerca sui miti e simboli dei quali si nutrono i ruoli del padre tradizionale, che insieme formano la nostra mitologia individuale e collettiva di paternità.

Peter Szil *


Molti dei nostri concetti si perpetuano indiscutibili perché facciamo le cose  come si suole ( e conseguentemente si deve) fare. Questo processo si chiama tradizione. La tradizione è come una storia scritta con l'inchiostro invisibile,seguita alla lettera dalle persone, anche se completamente incoscienti dell'esistenza di un copione.

L'immagine del padre severo,maltrattatore è strettamente legata alla visione dell'uomo come guerriero,altro mito profondamente radicato in noi,l'identità di genere patriarcale con un concetto di paternità che al posto della cura si è identificato con il potere.

Alcune di queste figure ci sono state inculcate, altre le abbiamo create noi stessi,ma sempre sulla base di immagini esistenti.Queste possono venire a prescindere dai modelli personali che abbiamo avuto durante la nostra crescita,da leggende ancestrali e dalla moderna pubblicità.

La Paternità negli antichi miti.

Per illustrare il tema della paternità come legame con il potere, mi sembra emblematico iniziare con un'opera di Francisco Goya. Quando il re Ferdinando VII rientrò in Spagna,  affidò a Goya di immortalare le gesta gloriose della guerra contro Napoleone.

Goya dipinse allora ( tra il 2 e il 3 maggio 1808) due immagini universali che dimostrano che in guerra non ci sono eroi, solo crudeltà e vittime.

Il quadro di Goya, intitolato "Saturno che divora il suo Figlio" illustra uno dei miti più antichi che plasmano il nostro concetto di paternità, la storia di Crono nella mitologia greca, o il suo alter ego romano, Saturno. Come tutti i miti, anche questo ha  molte possibili interpretazioni, per esempio come il tempo, Cronos, divori tutto senza pietà.

La nostra figura centrale, Crono / Saturno castrò a suo tempo il padre in una rivolta dei figli che la loro madre Gea / Gaia (la Madre Terra,la prima degli dei sorti dal Caos originale) aveva avuto con il padre. Questi,Urano (il Cielo) era anch'egli figlio di Gaia,  creato da se stessa. Urano si unì con Gaia /Gea e fecondarono un certo numero di figli e figlie mostruosi. Urano li odiava e nel timore di venir spodestato, egli li gettava, man mano che nascevano, nel Tartaro,ossia nelle viscere della madre. Gea amava i suoi figli così com'erano e li incoraggiò a ribellarsi.

Anche se il protagonista di questa ribellione fu Crono/Saturno, tagliando i genitali del padre,quando gli succedette, essendogli stato predetto che qualcuno dei figli avuti dalla sposa - sorella Rea,l'avrebbe detronizzato, decise di ucciderli: divorandoli.

Solo uno si salva, grazie agli inganni della madre,che lo sostituisce con una pietra.Crono cieco com'è non distingue un figlio dalla pietra ( tipico caso del padre assente,occupato con i suoi affari di potere nel mondo,il cui contatto con i figli si limita a guardarli, a volte, neppure questo - e che una mai una volta, li ha accarezzati, tenuti per mano?)

Affermazione del Patriarcato.

Sarà il figlio superstite, Zeus o Giove, che terminerà il lavoro di strutturazione del patriarcato. Una volta adulto detronizza il padre  e si afferma come dio supremo dell'Olimpo.

Durante tutta la mitologia greca, a volte nell'Olimpo, a volte fino ai mortali, Zeus rapisce e violenta le donne ( dee o no) e lascia figli e figlie in tutto il mondo,affinché le relazioni di adesione al futuro rimanessero garantite. Nei miti non si trova nessuna indizio  della sua preoccupazione per uno di questi figl*, ma più che altro delle sue gesta.

Come constata Victoria Sau nel suo Dizionario ideologico femminista "... con Zeus si rafforza il mondo dei padri le madri vengono relegate al ruolo di contenitori obbligate a ricevere il prodotto maschile, a "cuocerlo" all'interno e a darlo alla luce, affinché gli uomini si godano il frutto di questo lavoro".

Se continuiamo a tracciare il vincolo tragico tra paternità e potere, piuttosto che di allenza del padre con il figlio,troviamo un esempio culturalmente  più vicino a noi, nell'Antico Testamento. Si tratta di Abramo che, poiché,  un'autorità glielo ordina  è disposto a sacrificare il proprio  figlio. Sarà un angelo che salverà il bambino e non la sua intuizione o l'istinto paterno.

Ma ancora più vicino a noi nel tempo,ci sono immagini che non solo ci circondano quotidianamente, ma che sono alla base della nostra cultura. Queste stesse immagini - che si presume - rappresentino un padre che per il bene dell'umanità sacrifica il proprio figlio,posso avere anche un'altra lettura (spero di non offendere la sensibilità religiosa di nessuno): un maschio adulto, a causa di un progetto che egli ha nel mondo,sacrifica il proprio figlio,senza consultare la madre, nonostante poi sarà lei ad incaricarsi di essere la madre dolorosa,piangendo, asciugandogli  le ferite sotto la croce, aspettando tre giorni per vederlo resuscitare, mentre il grido di Gesù sulla croce (" Padre, perché mi hai abbandonato?) non ottiene nessuna risposta.


Padre di cura

Piuttosto che della religione in quanto tale, io sto parlando di alcune figure  che sono alla base del nostro immaginario. Propria nella stessa religione vi è un'altra figura ben nota e molto conosciuta che potrebbe rappresentare l'archetipo del padre  curatore. Qui, c'è un padre che pur non essendo il padre biologico,prodiga le sue cure al bambino. Giuseppe, come lo chiamano gli altri uomini a Betlemme viene a sapere che Erode sta uccidendo tutti i figli maschi primogeniti. Ma lui è l'unico che dice : " lascio  tutto e andiamo via per proteggere il piccolo". In questa immagine Giuseppe, con un atto di grande umiltà, compie il  lungo viaggio dietro a Maria ed al bambino, svolgendo il proprio ruolo di genitore protettivo e di cura. E' interessante notare che esiste il culto di Dio, abbiamo il culto di Maria, quello di Gesù, ma non abbiamo il culto di Giuseppe.

I miti non solamente non sono finiti. Si stanno creando  i miti del padre non maltrattatore, non divoratore dei suoi figli, dell'uomo di cura. In primo luogo, anche se parzialmente, dobbiamo analizzare i codici visivi del maschile e del femminile.Per riconoscere questi codici non c'è niente di più illuminante dell'iconografia stabilita molto tempo fa dalla  mitologia dei nostri giorni : la pubblicità, che è profondamente sessista.

*Psicoanalista

Generomujer

(traduzione di Lia Di Peri)


                                                                

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