martedì 27 dicembre 2011

Si chiama FEMMINICIDIO

 non "delitto passionale".






LUTTO PER STEFANIA: COMPAGNA, VITTIMA DEL SESSISMO

 http://www.officinarebelde.org/spip.php?article638

 

 

 







Daniel Rey Piuma : Il fotografo della morte

Le 130 scarne fotografie sui " voli della morte" e i documenti dei servizi segreti dell'Uruguay consegnati pochi giorni fa dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani al giudice federale argentino, Jorge Torres, non sono solo un caso. Il materiale trovato dal segretario della Commissione,Santiago Canton, esiste perché trent'anni fa il marinaio Daniel Rey Piuma disertò e denunciò al mondo la verità sui corpi "apparsi" lungo la costa uruguayana.

Daniel Rey Piuma è tuttora esule in Olanda. Solo sette volte è tornato nel suo paese da quell'ottobre del 1980, quando, con centinaia di negativi cuciti dentro i vestiti attraversò la frontiera con il Brasile e lasciò una madre, una famiglia, una vita. La sua testimonianza fu pubblicata in un libro ' Un marinaio accusa', che commosse le organizzazioni internazionali dei diritti umani con la sua documentata denuncia su ciò che era accaduto nel Rio della Plata.

Nel 2007 Rey Piuma si recò a Montevideo per testimoniare davanti al giudice Luis Charles e alla procuratora Mirtha Guianze nel processo dei " terzi trasportati" che portò in prigione  il dittatore Gregorio Alvarez, il capitano della nave Juan Carlos Larcebeau ed  alla fuga di Jorge Triccoli. Nella sua testimonianza Rey Piuma spiegò  l'uso sistematico della tortura usata in Marina e indicò i nomi dei principali responsabili che per la maggior parte non sono stati ancora processati.

Rey Piuma aveva lavorato tra il 1977 e il 1980 presso la Direzione dell'Intelligence della Prefettura Nazionale Navale(Dipre) e aveva raccolto documenti e prove sulla verità di quei corpi che il mare aveva ridato e che le autorità della dittatura uruguayana ( che collaborava con quella argentina) presentava come persone di origine asiatica organizzatrici di un ammutinamento in pescherecci in oltremare.. un ammutinamento che, a quanto pare, si pèrotrasse per anni.

Nella sua denuncia, Rey Piuma, accusa gli ufficiali  più il personale subalterno.
Tutti questi potranno essere coinvolti prossimamente in un processo per tortura che presenteranno le vittime.


In contatto con l'Olanda

la voce di Rey piuma è angosciata. Ci siamo scambiati messaggi su Internet ed ha accettato di rendere pubblico ciò che ha provato quando i mass-media internazionali hanno mostrato le immagini della documentazione fornita dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) consegnata al giudice Torres di Buenos Aires.
Un pò di rabbia per l'ignoranza sull'origine di questo materiale, ma ancora più rabbia per il tempo trascorso, quando tutto era già stato archiviato in Uruguay... e un pò di speranza per coloro che hanno sofferto in tutti questi anni.

Da quanto tempo aspettavi questo momento?

Da tanto... dal settembre del 1977,sottraendo e copiando documenti, registrando le torture,conducendo una doppia vita tutto il giorno. Nell'ottobre del 1980 scappai dal paese. Ho trascorso tre mesi in Brasile cercando di sfuggire ai servizi segreti argentini, brasiliani, uruguayani. Sono arrivato in Olanda il 22 dicembre del 1980,invitato dalla corona olandese.

Nel gennaio del 1981 ho comprato la mia prima macchina da scrivere ed ho cominciato a battere il mio rapporto in una città chiamata Berg aan Zee, nel nord dell'Olanda. Nel marzo dello stesso anno ho lavorato  con Amnesty International, a Londra e con la Colarch a Bruxelles. attraverso incredibili e complicate trame ho presentato finalmente la mia relazione nel novembre del 1982 alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani.

La tua denuncia ha avuto un grande impatto internazionale, poi...
Prima di quel momento avevo lavorato anche con il Sijau e con la lega dei giuristi democratici e altri. Il presidente della CIDH dichiarò nella sessione plenaria della Commissione, che il mio rapporto era la documentazione più completa e minuziosa finora ricevuta. Poi, alla fine della sessione, in una conferenza stampa, vennero dei teppisti armati che mi minacciarono di morte. Da allora, mi sono sempre guardato le spalle, così come un profugo, incluso soffrire di malattie.

Ho pensato, ingenuo come sono, che alla fine della dittatura, la macchina della giustizia si sarebbe messa in moto. Nel 1987, per intervento di Raul Sendic è stato pubblicato il mio libro. Non v'era altra intenzione che quella di stimolare affinché si indagasse sulle torture nella marina uruguayana e sull'origine di quei corpi trovati lungo le coste del nostro paese. Dopo una carriera professionale piena di successi - il direttore dello studio grafico più grande di Amsterdam, docente presso la Facoltà di Utrech- mi fece iniziare una terapia con vari psicologi che mi diagnosticarono un PTS ( Post Traumatic Stress Syndrome). Fino ad ora...
 

- Il tuo ritorno in Uruguay è stato quasi clandestino

In 34 anni sono stato in Uruguay solo sette volte, tre delle quali attraverso altri paesi e, ogni volta, che ritorno nel mio paese devo essere armato.

- Pochi anni fa hai viaggiato e testimoniato davanti alla giustizia uruguayana nella causa per la quale è ora in carcere Goyo Alvarez, adesso, il tuo rapporto davanti alla Commissione Interamericana è stato consegnato in mano alla giustizia argentina. Non erano questi gli obiettivi?

 
Tutto quello che sta succedendo in questo momento mi stordisce un pò. Mi dona un pò di speranza, ma allo stesso tempo mi acceca di rabbia e di impotenza. Nessuna delle lacrime versate da mia madre, tre giorni prima della mia partenza, baciandomi i piedi, perché non anadassi in esilio, vale la pena davanti all'apatia e indifferenza di coloro che, conoscendo questi documenti da molto tempo, non hanno mai fatto nulla. Io l'ho fatto per i nostri compagni, per mio zio scomparso, Carlo Arevalo e, perché no, per mia madre.


Cosa ti aspetti che accada adesso?

Spero che i compagni assassinati e le loro famiglie trovino pace.
Spero che non mi facciano visita con tanta frequenza, alcune notti, nella stanza degli ospiti dove mi rifuggio quando sono stanco di scaricare lo zaino e cerco di riposare.
Spero che dopo averli abbracciati e curati durante questi anni - come un padre con i suoi figli, come un fratello maggiore , come una madre gelosa e arrabbiata, li possa lasciare.
Spero che anch'essi mi liberino, affinché io possa per la prima volta nella mia vita,ballare. Non l'ho mai fatto, perché essi non potevano più farlo.
Spero di poter credere che, l'uomo, l'essere umano sia capace di amministrare la giustizia.
Spero che si possa insegnare ai bambini che la giustizia è possibile se noi tutti la vogliamo.
Spero che negli ultimi cinque secondi della ia vita - se sarò cosciente - sia ancora convinto che per tutto ciò che ho vissuto e perduto in questa causa  sia valsa la pena.


elmuertoquehabla.


(traduzione di Lia Di Peri)




denudata e con i seni bruciati dalla fiamma ossidrica