venerdì 7 ottobre 2011

The Black Power Mixtape 1967-1975

The Black Power Mixtape diretto da Göran Olsson e premiato al Sundance Film Festival 2011. Con lei, tra le/gli altre/i, Danny Glover, Harry Belafonte, Erykah Badu, Ahmir-Khalib Thompson, Talib Kweli, Angela Davis, Bobby Seale, Stokely Carmichael

 (Vincenza Perilli)


giovedì 6 ottobre 2011

Grecia: Quando un'immagine vale più di mille parole

di Jérôme E. Roos

La fotoreporter greca Tatiana Bolari riceve un pugno in faccia dalla polizia antisommossa,durante una protesta ad Atene.
A volte le parole non possono descrivere la sensazione di disgusto che sale quando ci troviamo ad affrontare la nostra realtà politica attuale. Questa immagine dice tutto.

Ma non solamente lei. Diversi operatori dei media sono stati molestati e picchiati dalla polizia. Mi piacerebbe che ci astenessimo da qualsiasi commento sulla libertà di stampa, il rispetto dei diritti umani e le relazioni tra i cittadini e lo Stato di una avanzata democrazia capitalistica

L'immagine parla da sé.
 http://roarmag.org/2011/10/greece-when-a-single-image-speaks-a-thousands-words/
 Altre foto qui
 
 


Con Houria Bouteldja, accusata di "ingiurie razziali contro i francesi"


Houria Bouteldja, portavoce de Les Indigènes de la République e figura centrale delle Blédardes, autrici del notorio Appel des féministes indigènes, e della quale avevamo pubblicato la traduzione di Le féminisme est-il universel?, è stata denunciata per "razzismo anti-bianchi" da un gruppuscolo di estrema destra, l'Agrif (Alleanza generale contro il razzismo e per il rispetto dell'identità francese e cristiana). L'Agrif contesta a Bouteldja l'uso, durante una trasmissione televisiva nel 2007, del neologismo "souchiens", una sorta di "ritorsione" contro i propositi razzisti di coloro che si definiscono "francesi di souche" (di origine, stirpe, generazione ...). Convocata davanti al procuratore il 6 maggio scorso, Houria Bouteldja sarà presto, in data ancora da fissare, sottoposta a processo. Nella petizione Solidarité avec Houria Bouteldja une accusation "qui nous insulte tous", petizione già firmata, tra gli altri, da Etienne Balibar e Christine Delphy, si sottolinea come il fatto che "siano proprio coloro che esercitano le peggiori violenze contro le minoranze a presentarsi come coraggiosi difensori dei francesi [bianchi, di souche] insultati, non è un fatto isolato, ma il segno di una deriva inquietante".




mercoledì 5 ottobre 2011

La ministra degli Interni britannico chiede di eliminare i diritti umani.

Per questo per tutta risposta hanno pestato una donna nigeriana deportata su un aereo diretto in Italia?


Nelle prime ore di ieri sembrava che l'apice della giornata del congresso del partito Conservatore inglese sarebbe stato la presentazione  da parte di Cameron della tassa dell'obesità .Ma la palma di protagonista se l'è aggiudicata Theresa May, quando in un delirio tutto neocon ha annunciato la possibile eliminazione dalla legislazione inglese della legge sui diriti umani per facilitare tra l'altro l'espulsione dei detenuti stranieri o in una maniera più incisiva dare un calcio alla Convenzione europea  dei diritti umani. " Deve sparire  - ha detto la superministra - così da ridare sanità al sistema dell'immigrazione del paese".


La ministra ha rafforzato la sua tesi con un esempio. Ha raccontato che una volta, un migrante irregolare, un ladro, si oppose alla sua deportazione perché proprietario di un gatto, il che ha sollevato grida di disapprovazione e di sorpresa in un folto gruppo di delegati. " Non me lo sto inventando" (anche se il migrante era un boliviano che nel 2008 sostenne l'illegittimità della sua estradizione per la sua lunga relazione con una donna).
Posso fare altri esempi - ha continuato - di migranti ex detenuti che hanno portato " scuse familiari" per ottenere la residenza." Tutti conosciamo storie sulla legge dei diritti umani: il trafficante di droga che non può essere espulso perché ha una figlia qui alla quale non paga gli alimenti; il ladro non può essere espulso perché ha una fidanzata?
E' stato un match tra pesi massimi, il ministro della giustizia e rappresentante della più liberale, Kenneth Clarke, ha respinto le parole della May.L'ha sfidata a provare che qualcuno ha utilizzato la scusa di un gatto per evitare l'espulsione, aggiungendo con un altro tono che " i diritti umani sono fondamentali,abbiamo combattuto una guerra per la loro difesa".

Rebelion

(traduzione di Anita Lia Di Peri Silviano)


lunedì 3 ottobre 2011

Il nome della cosa. Classificare, schedare, discriminare

Il nome della cosa. Classificare, schedare, discriminare è il titolo del ventinovesimo numero di Zapruder, la cui pubblicazione è prevista per la prossima primavera. Curato da Fiammetta Balestracci e Ferruccio Ricciardi, il numero si propone di interrogare la storia delle pratiche amministrative di selezione, classificazione, identificazione che, apparentemente neutre e oggettive, diventano strumenti di differenziazione negativa, ovvero di discriminazione, stigmatizzazione e marginalizzazione.
 
Call for papers: Zapruder n. 29

*Il nome della cosa. Classificare, schedare, discriminare*

(a cura di Fiammetta Balestracci e Ferruccio Ricciardi )

Questo numero vuole interrogare la storia delle pratiche amministrative di selezione, classificazione, identificazione che, apparentemente neutre e oggettive, diventano strumenti di differenziazione negativa, ovvero di discriminazione, stigmatizzazione e marginalizzazione. Ad esempio, la tecnologia burocratica dell’identificazione a distanza (fondata sullo stato civile, gli schedari centralizzati, la carta d’identità, ecc.) è stata, dalla fine del XIX secolo in poi, uno dei mezzi a disposizione delle polizie europee per realizzare un controllo sociale esteso e preciso necessario al “buon governo” degli stati nazionali. Queste forme di controllo indiretto della popolazione si sono accompagnate a misure di prevenzione personale che, nell’insieme, miravano a proteggere la comunità civica e ad emarginare le forme di devianza più temute: le persone “oneste” non erano schedate dallo stato, lo erano chi apparteneva a categorie ritenute socialmente pericolose (fannulloni e nullatenenti, vagabondi, zingari, ecc.).

L’uso (e l’abuso) di questi strumenti amministrativi dipende in genere da un insieme di fattori, dal dispositivo giuridico in cui essi si inscrivono alla configurazione politica che li legittima. L’estensione “a fisarmonica” delle categorie soggette a misure di prevenzione/sicurezza spesso avviene in funzione delle urgenze politiche e sociali del momento (basti pensare alle misure di restrizione che, in Italia, colpirono gli oppositori politici allo stato liberale accomunandoli a briganti e vagabondi). Di qui l’interesse a indagare le forme storiche via via assunte dalle pratiche di costruzione amministrativa della discriminazione, gettando uno sguardo critico sul funzionamento di tutte quelle entità del potere che esercitano un controllo più o meno stringente sulle persone (dall’apparato statale nelle sue varie espressioni – la polizia in primis – ai luoghi della produzione industriale passando anche attraverso le comunità tecnico-scientifiche che detengono l’expertise in diversi campi) e su come le “categorie”, in concreto, sono costruite e vissute.

L’esame di queste categorie “in azione” può rivelare la forza cogente dei dispositivi di selezione/differenziazione e di controllo amministrativo. Perché per discriminare un gruppo di individui, bisogna anzitutto identificarlo, selezionarlo, schedarlo, in altre parole bisogna “nominarlo”.

L’interrogativo che poniamo è, in definitiva, molto semplice: in che modo il criterio discriminante adottato nelle pratiche amministrative di classificazione – il cui scopo è l’oggettivazione di una distinzione – diventa discriminatorio?

Dal punto di vista etimologico, la discriminazione è una distinzione. Ma tutte le forme di differenziazione tra individui o gruppi diversi non costituiscono per forza di cose una discriminazione. Le differenziazioni diventano delle discriminazioni quando si opera una selezione illegittima, ingiustificata o ingiusta, sia rispetto alle norme legali sia rispetto alle norme relative agli usi sociali. Si tratta dunque di capire quali sono le circostanze e i contesti storici in cui si verificano questi trattamenti apparentemente neutri ma che producono delle conseguenze negative su delle persone a causa della loro appartenenza, presunta o reale, a dei gruppi e/o a delle comunità oggetto di discriminazione.

Tenendo come punto di riferimento spazio-temporale l’Europa moderna e contemporanea (XVI-XX secolo), cerchiamo articoli e interventi che possano rispondere a questo insieme di questioni sia attraverso studi di caso sia per mezzo di riflessioni storiografiche di più largo respiro o, ancora, valorizzando fonti inedite (archivi iconografici, fonti orali, ecc.).

Gli abstract degli articoli (max 3.000 caratteri) dovranno pervenire ai curatori (ferricciardi@libero.it e balestracci@fbk.eu) entro il 1° dicembre 2011. Gli articoli completi dovranno poi essere consegnati entro il 28 febbraio 2012."
 
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