sabato 20 agosto 2011

Făt frumos şi două fete într-o noapte de vară

di Riccardo Venturi

La strada, anzi il vialone, è di quelle che sembrano effettivamente costruite per le puttane; larghissima, poco illuminata, in un punto di uscita dalla città. Parallela ad un'antichissima strada suburbana che reca il nome dell'altra città verso cui si dirige; estremo tratto di un asse viario rivierasco che inizia col grande navigatore, prosegue prima con lo statista rapito e ucciso e poi con lo storico presidente della repubblica, e termina col generale -pure ammazzato- delle leggi speciali. Generale che, almeno in questa città, si è ritrovato con una delle massime concentrazioni di prostitute del circondario; l'odonomastica riserva a volte delle curiose sorprese.

In quella strada, puttane a parte, fino a qualche tempo fa non c'era assolutamente niente. Non vi si affacciava una casa; numeri civici, zero. Poi, sul lato destro in uscita, hanno cominciato a sistemare qualcosa; a dire il vero, più che altro in una propaggine prontamente dedicata all'eroe borghese, l'avvocato liquidatore di una banca privata che fu regolarmente ammazzato non appena scoperte certe piccole irregolarità. Quella zona deve avere un debole per i morti ammazzati, anche se ancora si attende non dico un viale, ma una viuzza, un vicolo, un angiporto dedicato a Giorgiana Masi (nome a caso fra i tanti). La concessionaria automobilistica, l'emporio di vestiti (ora si dice outlet, che fino a dieci anni fa significava presa elettrica oppure valvola di scarico), il magazzino di non so cosa e, infine, la discoteca. Grossa, alla moda, situata in un punto dove proprio non si sentirebbe mai la musica sparata a ventimila decibel. Il posto perfetto.

In una notte d'estate, un paio di giorni fa, due ragazze qualsiasi escono da quella discoteca; sono quasi le tre di notte. Sono vestite da discoteca, sono allegre, magari hanno pure trincato un po' e si preparano a tornarsene a casa. Sono di nazionalità rumena, ma parlano perfettamente la lingua del Vítelíú che le ospita per fare chissà quale badanza, o commissione, o precarietà, o sgobbo qualunque in modo analogo a tanti di voi, di loro, di noi. Dal coreodromo escono sul vialone dedicato al generale; si avvicina un'automobile. Una Mercedes scura.

Poiché quel vialone è adibito alle puttane, due ragazze alle tre di notte non possono essere altro; questo dev'essere passato per la testa del gentile signore alla guida del macchinone di lusso. Quanto volete, belle fiche? Davanti e dietro? Le due ragazze non ci stanno proprio, e si incazzano un poco. Fanno animatamente presente di non essere puttane. Al che, il gentile conducente della Mercedes scende, e comincia a prenderle a ceffoni. Tutte e due. Così, come se niente fosse. Come se il loro non essere puttane fosse una colpa da lavare con il sangue, in quel posto. Così come il maschio puttaniere si sentisse defraudato di un diritto. Ne prende una e la sbatte per terra; la trascina sul marciapiede per qualche metro mentre l'altra si mette a urlare. Rimonta in macchina, sgomma e se ne va.

Qualcuno chiama la polizia e il 118; e a guidare l'ambulanza c'è uno che si fa intendere in lingua rumena. Gli viene raccontata la storia. La ragazza stesa sulla barella, fortunatamente, ha soltanto delle ecchimosi sul volto e delle escoriazioni sul resto del corpo, derivate dal trascinamento sul marciapiede. Ultimamente si deve parlare in questi termini: cavarsela così è una fortuna, forse perché il luogo non è abbastanza buio e isolato per proseguire nella virile opera di massacrare due ragazze perché non la danno, per giunta rumene. Si sa che i rumeni sono tutti stupratori e le rumene tutte puttane; fa parte della loro cultura (frase standard). Ospedale. Referto. L'autista ha dei pensieri neri. La cosa non finirà sui giornali; per diventare notizia ha troppo poco sangue. Un po' di disinfettante e qualche garza, dato che il male profondo, quello vero che è stato fatto a quelle ragazze, non si vede all'esterno. Il principe azzurro è scappato via nella notte; le due ragazze ci ripenseranno bene prima di concedersi un'altra mezza nottata di svago. Devono solo lavorare, oppure magari recarsi in quel viale come le altre. Altro non è dato; sia consegnata al nulla la loro storia in una notte, qualunque, d'estate. 








venerdì 19 agosto 2011

Video e foto sulla carica della polizia del 17 agosto a Madrid

La carica della polizia contro i manifestanti che protestavano alla Porta del Sol, per la visita del Papa. Mentre l'attentatore che voleva gasare "laici e froci" è rtornato a casa ( anche se agli arresti).




 Video:
 http://www.elmundo.es/elmundo/2011/08/18/espana/1313672054.html

giovedì 18 agosto 2011

Di amore e di rivoluzione

In memoria di Garcia Lorca, 75 anni dopo.

 di Leopold Estapë


Oggi ricorre il 75esimo anniversario del vile assassinio di Federico Garcia Lorca, i cui autori sono rimasti ignoti. Tuttavia dobbiamo ancora sopportare il negazionismo di alcuni settori della stampa spagnola, o peggio ancora, l'immonda spazzatura che lancia in questo periodo un canale fascista. Molti anni sono passati, ma abbiamo ancora molto da conoscere.
In quotidiani come l'ABC o la Razón raramente si accenna all sua omosessualità, come se questo fatto fosse estraneo alla sua poesia. Anche quando si citano i " Sonetos de Amor Oscuro " si insinua spesso che essi erano destinati ad una donna, lo stesso Vicente Aleixandre fu sorpreso nel notare come  si evitava questo termine, perché "bisogna accettare in Lorca l'intero uomo" e dichiarava che " non si può capire la sua opera se non si tiene conto della sua omosessualità".
Probabilmente la causa non è soltanto la latente omofobia della stampa,ma anche l'atteggiamento di rifiuto della sua famiglia che volevano evitare la parola "oscuro" nei sonetti d'amore. Arrabbiarsi con essi può significare che il rapporto con la Fondazione si chiude.

Quando nel 1935,Lorca scrisse i sonetti, aveva una relazione burrascosa con  Rafael Rodriguez Rapun. Messa da aprte l'appassionata relazione con lo scultore  Emilio Aladrén,atleta e socialista il ragazzo dalle tre erre, si lasciò desiderare dal poeta, ma purtroppo per Federico, doveva condividere Rafael  con un significativo numero di donne.

Ma ti ho sopportato. Tagliai le mie vene,
tigre e colomba sulla mia cintura
in un duello di morsi e di gigli.

Nonostante ciò il rapporto tra i due non cessò mai. Quando Rafael Rodríguez Rapún venne a saper che Federico era stato giustiziato nella sua terra natale di Granada, si arruolò nell'esercito repubblicano per combattere il fascismo. Morì in combattimento esattamente un anno dopo Garcia Lorca - il 18 agosto 1937 - all'ospedale di Santander, per le ferite riportate dalla raffica di una mitragliatrice dell'aviazione nemica, dalla quale non si riparò, come fecero i suoi compagni. Aveva solo venti anni.


Tu non riuscirai mai a capire quanto io ti ami
Perché dormi dentro di me e sei addormentato.
Piangendo, io, cerco di nasconderti
Ma sono perseguitato da una voce di acciaio lancinante.

Quella norma che scuote carne e stella
Trapassa ormai il mio petto affranto
E le torbide parole hanno morso
Le ali del tuo spirito severo.

In gruppo la gente salta nei giardini
E aspetta il tuo corpo, la mia agonia
Su cavalli di luce e verdi crini.

Ma tu continua a dormire, vita mia
Senti il mio sangue rotto nei violini?
Attento, però che c'è ancora qualcuno che ci spia!*


Garcia Lorca il 13 luglio lascia Madrid per andare a Granada, pensando così di essere al sicuro. Il 18 luglio si instaura il golpe militare contro il governo della Repubblica.
Il 16 agosto garcia Lorca viene arrestato, tre giorni dopo, il 19 agosto viene assassinato a Víznar (Granada). Il suo corpo non è mai stato ri-trovato.


(traduzione di Lia Di Peri)




mercoledì 17 agosto 2011

L' hijab (velo) delle donne in Occidente

Quando Fatema Mernissi (sociologa, femminista) andò per comprare una gonna in un negozio di New York e la commessa  la informò che non avrebbe trovato la sua taglia( la 46, stimò) a meno di andare in un negozio di misure speciali, Fatema si sentì  scioccata e umiliata. La commessa,una donna sulla cinquantina,le chiese da quale pianeta arrivava per  reagire in quel modo. Dal Marocco, rispose. In Marocco le taglie le gonne si fanno su  misura e i fianchi larghi sono una delle attrazioni principali di una donna.

Scrive Fatema nel suo libro, "L'Harem e l'Occidente": Qui ho vissuto la spiacevole esperienza di provare come lo stereotipo della bellezza vigente nel mondo occidentale possa ferire psicologicamente ed umiliare una donna". La commessa le confessò che manteneva la sua figura snella grazie alla schiavitù della dieta. Se fosse ingrassata avrebbe molto probabilmente perso il lavoro o sarebbe stata relegata ad una mansione inferiore.
" E tu vuoi dire che non controlli il tuo peso?"  domandò incredula a Menissi e andandosene aggiunse a voce alta: " Molte donne che hanno un posto di lavoro,molto bene pagato, legato al mondo della moda, potrebbero trovarsi in mezzo ad una strada se non seguisserò una ferrea dieta."

"Le sue parole erano talmente chiare e la minaccia aveva una tale carica di crudeltà, che mi resi conto per la prima volta che, forse, la taglia 38 era una restrizione anche più violenta del velo islamico".

"Si, penso di aver trovato la risposta al mio enigma. A differenza dell'uomo mussulmano,che impone il suo dominio attraverso l'uso dello spazio (escludendo la donna dall'arena pubblica), il maschio occidentale manipola il tempo e la luce. Per quest'ultimo una donna è bella solo quando dimostra (eternamente) quattordici anni. (...) Fissare questa immagine di bambina come iconografia della bellezza ideale condanna la donna matura all'invisibilità".
Fatema Menissi conclude che queste attitudini sono "più pericolose e ambigue di quelle mussulmane", perché " il tempo è meno visibile, ma più fluido che lo spazio". Le donne devono dimostrare di essere belle, che smettere di essere infantili è da stupide...e l'arma usata contro le donne è il Tempo. La violenza che implica questa frontiera del mondo occidentale è meno visibile perché non attacca direttamente l'età ma viene mascherata come scelta estetica".

La Menissi afferma che in quel negozio non solo si sentì male ma anche inutile. Espone così il meccanismo utilizzato con il velo nel mondo mussulmano o contro la donna nella Cina feudale dove le donne si bendavano i piedi." Non è che i cinesi obbligavano le donne a fasciarsi i piedi per evitare la normale crescita: semplicemente definivano l'ideale di bellezza.
Non si obbliga nessuna donna a fare la dieta,semplicemente si rifiuta chi non entra nel modello imposto. Un solo modello identico per tutte, tutte uguali.

A partire da ciò incontra le risposte che mancano in Naomi Wolf e Pierre Bordieu. Naomi Wolf descrive modelli che pesavano una generazione fa, che era meno dell'8% nella media femminile; mentre oggi il divario è del 23%. La Wolf afferma che la taglia piccola ideale è una delle cause dell'anoressia. " L'assoggettamento ai regimi alimentari è il sedativo più potente della storia delle donne : una popolazione silenziosamente sconvolta è una popolazione più facile da gestire" ha rilevato la Wolf. La preoccupazione per il peso provoca" un collasso virtuale dell'autostima" e la riduzione calorica conduce ad una personalità caratterizzata da " passività, ansietà, e brusco cambiamento di umore". I disturbi alimentari provocano nevrosi e perdita di controllo. Coloro che ci controllano sono industrie gestite da uomini: moda, cosmetica, chirurgia plastica, industria alimentare, pornografia.

Pierre Bordieu spiega in " La dominazione maschile" che la violenza simbolica è una forma di esercizio del potere,che si ripercuote direttamente sul corpo di un'altra persona,come per magia, senza apparente coercizione fisica.
Non si tratta di un'imposizione esterna, ma noi stesse ci sentiamo libere e uguali agli uomini,indossiamo i tacchi a spillo, ci iniettiamo botulino,facciamo la dieta del carciofo,continuiamo a renderci sex  riducendoci a oggetto di desiderio. Afferma Bordieu:" Confinando le donne allo status di oggetti simbolici,che sempre saranno guardati e percepiti dall'altro, il dominio maschile le colloca in uno stato di costante insicurezza.Dovranno lottare senza sosta per risultare attraenti, belle e sempre disponibili"

Dopo aver ringraziato Allah per averle evitato la tirannia della taglia 42, Fatema Menissi si chiede: " E' possibile organizzare una manifestazione politica credibile e scendere per le strade a protestare e urlare che ci hanno calpestato i diritti umani, perchè non è possibile non trovare la gonna che una donna cerca?".


(traduzione di Lia Di Peri) 

lunedì 15 agosto 2011

In Messico i cartelli della droga si impadroniscono delle città: in aumento la tratta delle donne

I cartelli (Los Zetas) si impradoniscono di Apocada,Nuevo León : aumenta la Tratta delle donne.

In meno di due anni sono state sequestrate più di 105  giovani donne, denunciano le madri delle vittime.

Obbligate a prostituirsi o a vendere droga.



La scomparsa di donne in Apocada, Nuovo Leon (Messico), stava diventando lentamente un evento di routine da quando Los Zetas si sono impadroniti di uno dei Comuni con maggiore popolazione e marginalizzazione.

Alcune sono state sequestrate per strada, scelte a caso,per il loro aspetto; altre sono state rapite dallo loro case con armi e minacce; il resto non ha fatto più ritorno all'uscita del lavoro, da una festa, dalla discoteca.

Tutte hanno in comune il fatto di essere povere,giovani e belle. Per le strade le sparatorie sono qualcosa di quotidiano. Decine di donne sono scomparse dall'inizio della guerra contro i narco.
I cartelli della droga hanno diversificato le loro attività.

L'ufficio della Procura di Nuevo Leon non ha statisitche del reato della tratta contro il genere femminile, però l'entità è stata considerata centro di distribuzione per lo sfruttamento sessuale: un affare che coinvolge criminali, politici, funzionari, polizia e imprenditori.
"Solo in Apocada, in meno di due anni abbiamo avuto oltre 105 ragazze rapite", afferma  Martha Alicia Quintanilla Ibarra, madre di Lizette Alicia Mireles, di 22 anni, desaparecida il 2 dicembre dell'anno scorso dopo l'uscita dal lavoro in un casinò.

Senza traccia

Azalea è magra,occhi scuri e obliqui. La  foto  dei suoi quindici anni è nella stanza. Teodora accoglie gli altri. Ha perso la vista e la sua malattia si è aggravata da quando la figlia è scomparsa il 15 febbraio dell'anno scorso. " Alcuni uomini sono venuti a trovarla. Prima le hanno parlato per telefono, poi uno scese dalla macchina e  ha picchiato forte alla porta, urlando. Mi ha solo detto, 'Mamma, torno tra un pò'.

Per nessuna delle giovani rapite è stato chiesto un riscatto. Alcune hanno parlato con i loro genitori dopo il sequestro per chiedere di non cercarle o di sporgere denuncia. Dieci di esse erano amiche o conoscenti e sono state rapite in una settimana.

Il giorno dopo il rapimento di Azalea, scomparve Cecilia Abigaíl Chávez Torres, di 18 anni, incinta di sette mesi.
" Un'amica - dice  Cecilia Morales Torres, di 45 anni - che io credo fosse nelle loro mani è stata il tramite. La chiamò diverse volte e la invitò ad una festa. Non ritorno più. Mia figlia mi telefonò quattro giorni dopo il sequestro e mi ha detto, " mamma, non ti preoccupare, sto bene" e riattaccò. Non mi ha mai più richiamata".
Racconta che la figlia lavorava nella Transformadores Delta e aveva una relazione con Juan Francisco Zapata, soprannominato Billy Sierra o El Pelon, capo zona della piazza de Monterrey arrestato nel mese di agosto dello scorso anno. " E' il papà del bambino. Non l'ho mai incontrato. Mia figlia mi raccontò che El Pelon non le disse che era un sicario. Glielo confessò quando era incinta di quattro mesi. Non volli che venisse a casa mia. Lo vidi sul giornale quando l'hanno arrestato. Lui sa dov'è mia figlia. E voglio che me lo dica lui o la SIEDO (Super-procura antimafia).

Per Cecilia è chiaro che la figlia è vittima della tratta.

L'ufficio statistica del Dipartimento di Stato americano afferma che annualmente in Messico più di 20mila persone sono sequestrate in relazione a questo crimine.
"Le possono fare prostituire o vendere la droga. Queste ragazze sono un grosso business per loro.  E' chiaro che hanno una rete di ragazze. E' la tratta delle bianche.
...

La storia di Veronica Martinez Casas è segnata da povertà ed esclusione. Si tratta di una dei sette milioni di Ninis  (indigenti)esistenti nel Paese, una madre single di quattro figli.
" Non c'è bisogno che cerchi Veronica, non ritornerà è morta" dissero  al telefono a María del Rosario Martínez Medina, madre di Verónica, desaparecida nello stesso giorno di Cecilia Abigaíl.

Veronica non lavorava. Voglio essere sincera, non mi piace dire bugie: era in contatto con brutte persone, questa è la verità". Insieme al marito cura i quattro nipoti. " "Sento che è viva, che sta bene", aggiunge.

La prescelta

Secondo il ricercatore dell'Università Autonoma di Nuovo Leon,Arun Kumar, autore della studio Una nuova forma di schiavitù umana: La tratta delle donne in Messico, l'organizzazione occupa il sesto posto in termini di incidenza di questo crimine.
Il rapporto rileva che mensilmente entrano ed escono 300-400  donne dallo Stato per sfruttamnto sessuale.
Alcune madri delle scomparse hanno ricevuto messaggi da persone che le hanno visto lavorarare nei bordelli o  nei bar a Monterrey, Camargo, Reynosa e Guadalajara.
"Le possono impiegare come accompagnatrici - afferma Isabel Rivera, madre de Guadalupe Jazmín Torres Rivera, mentre guarda la foto della figlia quindicenne scomparsa nel febbraio dell'anno scorso, un giorno prima del sequestro di Veronica e Cecilia Abigaíl.

Madre single di una figlia di tre anni, Guadalupe era una insegnante di ballo.
La madre racconta che dopo aver lasciato il lavoro " camminava per strada e Evelyn Johana, la ragazza di Juan Carlos Martínez Hernández, alias El Camaleón ,capo Zeta de Guadalupe, le fece dei seganli da un camioncino. Scese giù un tizio calvo, meticcio, con una pistola. Se la presero, lasciando solamente la valigia con dentro i vestiti di ballo".

La polizia di Apocada non ha accettato la denuncia di Isabel Rivera, quando andò al campo miliatre della Settima zona, per aggiungere il nome della figlia tra le disperse.
Poi alla caserma della  Marina, e finalmente la polizia ministeriale ha accettato la denuncia e il DNA è stato testato.

" Mia figlia è stata presa il Martedì, altre tre il Lunedì, altre due il Mercoledì, in una settimana  ne hanno rapite 10 nel quartiere. Hanno continuato sequestrando ragazzine. Sono 46 le rapite quest'anno. E nessuno fa niente. Non è giusto che le rapiscano per soldi. Sono morta. Dio mi ha dato tre figli e li amo tutti e tre. Io non mi rassegno" dichiara mentre mostra una carpetta con otto immagini  di altre ragazze scomparse, le cui madri hanno inizato a riunirsi  per chiedere giustizia.


La maggior parte di esse si sono conosciute nella Settima Zona Militare dove si erano recate per denunciare le sparizioni " Qui non nascondiamo nulla, Io credo che l'abbiano rapite Los Zetas. Tutti conoscono Billy Sierra, che ha sequestrato altre ragazze a Monterrey, Estanzuela, Guadalupe e Escobedo ", ha detto Cecilia Torres.

Le cose sono state diverse nel caso di Blondie Ivonne Williams García, de 23 anni,madre single, scomparsa  il 17 febbraio del 2010, il giorno dopo il rapimento di Verónica e Cecilia Abigaíl. Racconta la madre della giovane: "Venne un'amica e uscì. In quel momento si accostò una macchina e dall'interno le chiesero: " Chi è è Ivonne Blondie? " Lei non rispose. Qualcuno aveva mandato a chiedere di mia figlia. Uno degli uomini uscì dalla macchina e  le sollevò la giacca mostrando un tatuaggio di un sole: " E' lei? disse. Allora, l'altro ordinò : caricala su". 

Quando ho sentito questo sono uscita e la stavano mettendo in macchina. Sono riuscita ad afferrare uno dei delinquenti, ma l'altro mi puntò la pistola e mi fermò.


La stessa auto sequestrò 23 ore dopo, Ana Lariza García Rayas. Lavorava come dimostratrice in un'azienda di telemarketing.
"Una ragazza gridò il suo nome e mia figlia uscì salutandola con un bacio. Una decina di minuti dopo la rapirono. Era amica di Blondie e Lupita, anch'esse rapite, ma le altre non le conosceva" - afferma la madre, Ana Francisca Rayas Guevara.


L'ufficio della Procura Generale sta indagando sulla sorte di 525 donne e bambine scomparse in questi ultimi anni in Messico.
Laura Benavides, una residente ad Apocada decise di mettere un annuncio su Internet sul rapimento della figlia avvenuto quattro anni fa in una discoteca,Yarezi Anahi Benavides Luevano, di anni 21.


Piange ogni giorno per sua figlia e per le altre: " Sono tante le giovani donne che vengono rapite. Sto ancora aspettando. Io la amo. Non mi interessa ciò che ha fatto o l'hanno costretta a fare. Io l'aspetto.

La vedo che entra dalla porta e l'abbraccio." 


(traduzione di Lia Di Peri)


domenica 14 agosto 2011

La rinuncia ai privilegi maschili

Mariano Nieto Navarro*

La maggior parte degli uomini che conosco di età e condizioni diverse, affermano che le donne in Spagna, ora hanno quasi le stesse opportunità degli uomini di fare ciò che vogliono. Implicitamente, ciò che viene detto è che la disuguaglianza è una cosa del passato e che le donne che si lamentano si lamentano vizio.


Questa visione riflette una profonda resistenza, conscia o inconscia, a riconoscere che gli uomini continuano ad avere molti privilegi odiosi ("che pregiudicano gli altri," Drae, 22 ° edizione) per il semplice fatto di essere uomini. O, in altre parole, in un mondo di supremazia maschile o patriarcale, ci sono cose di cui godiamo tutti gli uomini che sono ingiuste perché le otteniamo a spese e a scapito delle donne. Molti di questi benefici li godiamo indipendentemente dal fatto che ci piaccia o no, e si sovrappongono ad altri tipi di privilegi che ognuno può avere  per la sua origine, estrazione sociale, razza, ecc. C'è abbondante letteratura in materia, non solo specializzata, ma anche di divulgazione, in modo che coloro che non sono ancora esperti dei vari meccanismi sociali e abilità apprese, perfezionati e tramandata di generazione in generazione, permettono agli uomini di mantenere la supremazia e approfittarne, anche se non si vuole.


Anche se gli uomini non siamo colpevoli di ereditare questi privilegi, siamo responsabili di ciò che facciamo con quello che abbiamo ricevuto. E questa  responsabilità comincia con il riconoscere la  propria posizione di odioso privilegio.E continua col cercare di cambiare le cose rinunciando agli ingiusti vantaggi che possediamo  e denunciare pubblicamente quegli altri dei quali beneficiceremo comunque. La rinuncia presuppone assumere le preoccupazioni e compiti non desiderati  (a partire per il 50% almeno, dai  lavori domestici, la cura dei bambini, anziani e malati), perdere potere, denaro, status sociale e occupazione (rinunciare ad una promozione per restare più a casa  mentre promuovono una donna?), ecc.


E la denuncia  impegnata (ma non presuntuosa, perché questo potrebbe accadere) può sicuramente portare a seri problemi con molti altri uomini. Un esempio di privilegio che può sembrare irrilevante, ma non lo è: agli uomini, da piccoli,  gli si presta molta più attenzione quando parlano in pubblico e in generale si  dà più credito alle nostre parole (al contrario, le donne "sono più silenziose. ")


Le considerazioni di cui sopra, la rinuncia  e denuncia dei privilegi maschili odiosi, non  presuppone una nuova edizione della tipica attitudine eroica maschile di  salvare le povere donna. Le donne sono stufe e con ragione, di uomini salvatori, che fanno cose "per esse". D'altra parte, le donne hanno dimostrato e continuano a dimostrare di poter salvare se stesse perfettamente. La questione è che gli uomini, ciascun uomo,ci salvi dalla nostra indegnità. Secondo decennio del secolo: è tempo per gli uomini di guardare la realtà in faccia e di  impegnarci in massa nel percorso di uguaglianza. Naturalmente, è necessario stimolare il cambiamento "da fuori", con leggi,  strumenti politici, campagne di educazione e comunicazione. Ma il vero cambiamento deve venire dall'interno di ciascuno di noi (necessità etica) e nella participacizione sociale degli uomini dietro le donne femministe (necessità politica).

PLANTA CARA A LA VIOLENCIA MACHISTA
PONLE CARA A LA IGUALDAD
Manifestación contra la
violencia machista.
Sevilla, 21 octubre 2011
Red de Hombres por la Igualdad

*collaboratore di cambio16.

http://cambio16.es/not/467/la_renuncia_a_los_privilegios_masculinos/
(traduzione di Lia Di Peri)